Il gioco

Anno 2012 – “L’uomo è pienamente tale quando gioca”, dice F.Shillier, perchè si trova e si conosce giocando, infatti, ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni estranee, quale può essere il giudizio altrui, e ha la possibilità di scaricare la propria institualità ed emotività. La Contrada Le Botteghe, per questo vuole rappresentare il gioco nelle sue diverse sfaccettature ma soprattutto nelle diverse classi sociali.
Il gioco è sempre stato momento di gioia e di pura espressione libera dell’essere umano, sopratutto se parliamo di bambini. Nel XV secolo l’appartenenza ad una classe sociale rispetto ad un’altra aveva una certa influenza sul gioco dei più piccoli, sopratutto nei materiali. Nella nobiltà del 1400 i bambini maschi svolgevano le loro attività ludiche tramite piccoli oggetti ecclesiastici, ma anche giocattoli che raffiguravano la guerra come piccoli cannoni, soldatini e cavalli che li portavano ad imitare il loro futuro avvenire. Le bambine, invece, passavano il loro tempo giocando con bambole lussuose dal viso elegante vestite come delle piccole nobildonne ma anche con raffinate stoviglie ad opera d’arte per prepararsi alla futura vita coniugale. Tutto questo, sempre e solo sotto il costante occhio vigile delle loro ancelle. Completamente diversa era la situazione nei borghi e nelle case di campagna. Proprio a causa del basso stile di vita, che popolava le case contadine, i bambini si ritrovavano a giocare con i giocattoli altamente rudimentali costruiti con materiali semplici e alla portata di tutti i giorni. Stiamo parlando del legno, usato per costruire delle spade e bastoni, che rappresentavano il cavallo, se a cavalcioni, con cui i bambini improvvisavano dei piccoli duelli. Tra le mani delle bambine, invece, trovavamo delle bambole realizzate con della paglia o della corda che andava a costruire il corpo, il tutto fasciato con della pezza che andava a disegnare il vestitino della bambolina, sognando così il ruolo di mamma. Ma essa non era l’unico gioco perchè le bambine popolane, sempre a stretto contatto con la madre, tendevano ad rassomigliarla nelle piccole faccende domestiche. Infatti andavano alla ricerca di piccoli oggetti nei dintorni della propria casa, come cocci rotti, pezzi di legno e lembi di stoffa riuscendo così a riprodurre quelli che per loro erano piatti e bicchieri. Ma la loro giornata era disegnata anche da lunghe partite a mosca cieca, che con strilli e risate andavano a riempire quei pomeriggi apparentemente silenziosi mentre il padre era a lavorare nei campi e la madre svolgeva le giornaliere attività di casa.
Il gioco è sicuramente l’espressione più autentica e spensierata dell’infanzia dove il bambino si relaziona a proprio modo al mondo che lo circonda e per questo non è importante se tra le proprie mani si trova delle stoffe pregiate o degli scarti di sartoria oppure degli oggetti accuratamente intagliati o dei semplici bastoni trovati per terra. La vera importanza è la semplicità con cui il bambino riesce a trarre divertimenti da oggetti materiali inanimati per la semplice curiosità del conoscere ciò che è intorno a lui e la serenità e innocenza con il quale tutto questo viene manifestato.